A.C. 4310-A
Le Commissioni riunite Affari costituzionali e Giustizia hanno deliberato, nella seduta del 9 marzo 2017, di conferire ai relatori mandato a riferire in Assemblea favorevolmente sul testo del decreto legge n. 14 del 2017, sulla sicurezza urbana, come risultante dagli emendamenti approvati nel corso dell’esame in sede referente.
Il decreto-legge n. 14 del 2017 si articola in due Capi dedicati, rispettivamente, alla collaborazione interistituzionale per la promozione della sicurezza integrata e della sicurezza urbana (Capo I ) e alle disposizioni a tutela della sicurezza delle città e del decoro urbano (Capo II).
Come relatore per la I Commissione illustrerò all’Assemblea le disposizioni del Capo I nonché gli articoli 12, 12-bis e 14, dando altresì conto delle modifiche approvate dalle Commissioni. Proseguirà quindi la relatrice per la II Commissione.
Gli articoli da 1 a 3 recano disposizioni in materia di “sicurezza integrata”, definita, dall’art. 1, comma 2, come l'insieme degli interventi assicurati dallo Stato, dalle regioni, dalle province autonome di Trento e Bolzano e dagli enti locali, nonché da altri soggetti istituzionali, al fine di concorrere, ciascuno nell'ambito delle proprie competenze e responsabilità, alla promozione e all'attuazione di un sistema unitario e integrato di sicurezza per il benessere delle comunità territoriali.
Nella relazione illustrativa si evidenzia in proposito che “il modello sviluppato, anche in attuazione del principio del coordinamento legislativo tra lo Stato e le regioni di cui all'articolo 118, terzo comma, della Costituzione, ammette l'esistenza di uno spazio giuridico orizzontale nel quale interagiscono soggetti giuridici diversi, con strumenti e legittimazioni distinte, nella consapevolezza che la cooperazione tra i diversi livelli di governo possa garantire – in un'ottica multifattoriale e poliedrica – maggiori e più adeguati livelli di sicurezza, laddove quest'ultima non è più soltanto da identificarsi con la sfera della prevenzione e della repressione dei reati (e, quindi, con la sfera della sicurezza «primaria»), ma è intesa anche come attività volta al perseguimento di fattori di equilibrio e di coesione sociale, di vivibilità e di prevenzione situazionale connessi ai processi di affievolimento della socialità nei territori delle aree metropolitane e di conurbazione.
L’ambito di applicazione della sezione I – riguardante la sicurezza integrata - è individuato (dall’art. 1, comma 1) nella disciplina delle modalità e degli strumenti di coordinamento tra Stato, regioni e province autonome di Trento e Bolzano ed enti locali in materia di politiche pubbliche per la promozione della sicurezza integrata.
Il testo richiama a tal fine, l'articolo 118, terzo comma, della Costituzione, che demanda alla legge statale la disciplina di forme di coordinamento fra Stato e Regione nelle materie dell’immigrazione e dell’ordine pubblico e sicurezza (materie di cui all’art. 117, secondo comma, lettere b) e h), Cost.).
Nel corso dell’esame in sede referente è stato previsto che concorrono alla promozione della sicurezza integrata gli interventi per la riqualificazione urbana e per la sicurezza nelle periferie delle città metropolitane e dei comuni capoluogo di provincia finanziati con il fondo per il finanziamento degli investimenti e lo sviluppo infrastrutturale del Paese di cui all’art. 1, comma 140, L. 232/2016. Ricordo che tale fondo è stato istituito dalla legge di bilancio 2017 con una dotazione di 1.900 milioni di euro per l'anno 2017, di 3.150 milioni di euro per l'anno 2018, di 3.500 milioni di euro per l'anno 2019 e di 3.000 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2020 al 2032, per assicurare il finanziamento degli investimenti e lo sviluppo infrastrutturale del Paese, anche al fine di pervenire alla soluzione delle questioni oggetto di procedure di infrazione da parte dell'Unione europea, ed è rivolto a diversi settori e ambiti di intervento, tra cui la riqualificazione urbana. L'utilizzo del fondo è disposto con uno o più decreti del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con i Ministri interessati, in relazione ai programmi presentati dalle amministrazioni centrali dello Stato. Gli schemi dei decreti sono trasmessi alle Commissioni parlamentari competenti per materia, le quali esprimono il proprio parere. Con tali decreti sono individuati gli interventi da finanziare e i relativi importi.
L’art. 2 individua quindi il “primo livello” di programmazione e determinazione delle competenze, costituito dalle “linee generali delle politiche pubbliche per la promozione della sicurezza integrata”. Nel corso dell’esame in sede referente sono stati specificati i settori di intervento, individuati nello: scambio informativo tra polizia locale e forze di polizia presenti sul territorio (per gli aspetti di interesse); interconnessione, a livello territoriale, delle sale operative della polizia locale con quelle delle forze di polizia; regolamentazione per l’uso comune di sistemi di sicurezza tecnologica per il controllo delle aree e delle attività a rischio; aggiornamento professionale integrato per operatori di polizia locale e forze di polizia.
Nel corso dell’esame in sede referente è stato altresì specificato che le Linee generali tengono conto della necessità di migliorare la qualità della vita e del territorio e di favorire l’inclusione sociale e la riqualificazione socio-culturale delle aree interessate.
Tali Linee generali sono adottate, su proposta del Ministro dell'interno, con accordo sancito in sede di Conferenza Unificata e sono rivolte, prioritariamente, a coordinare, per lo svolgimento di attività di interesse comune, l'esercizio delle competenze dei soggetti istituzionali coinvolti, anche con riferimento alla collaborazione tra le forze di polizia e la polizia locale.
In attuazione delle Linee generali delle politiche pubbliche per la promozione della sicurezza integrata (definite con accordo in sede di Conferenza) si prevede che lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano possano concludere specifici accordi per la promozione della sicurezza integrata, “anche” diretti a disciplinare gli interventi a sostegno della formazione e dell'aggiornamento professionale del personale della polizia locale (art. 3, comma 1).
Si prevede inoltre (art. 3, comma 2) che, anche sulla base di tali accordi, le regioni e le province autonome possano sostenere, nell'ambito delle proprie competenze e funzioni, iniziative e progetti volti ad attuare interventi di promozione della sicurezza integrata nel territorio di riferimento, ivi inclusa l'adozione di misure di sostegno finanziario a favore dei comuni maggiormente interessati da fenomeni di criminalità diffusa.
Al contempo, lo Stato, nelle attività di programmazione e predisposizione degli interventi di rimodulazione dei presidi di sicurezza territoriale, anche finalizzati al loro rafforzamento nelle zone di disagio e di maggiore criticità, come specificato nel corso dell’esame in sede referente, tiene conto delle eventuali criticità segnalate in sede di applicazione dei predetti accordi (art. 3, comma 3).
Infine, si prevede che gli strumenti e le modalità di monitoraggio dell'attuazione dei predetti accordi siano individuati dallo Stato e dalle regioni e province autonome, anche in sede di Conferenza unificata (art. 3, comma 4).
La sezione II del capo I (articoli 4, 5 e 6) interviene in materia di sicurezza urbana che viene definita quale bene pubblico afferente “alla vivibilità e al decoro delle città”, riprendendo in gran parte la definizione recata dal D.M. 5 agosto 2008.
L’articolo 4 del provvedimento in esame provvede ad individuare altresì alcune aree di intervento volte a promuovere la sicurezza urbana, quali: la riqualificazione – anche sociale, culturale e urbanistica, come specificato nel corso dell’esame in sede referente - e il recupero delle aree o dei siti degradati; l'eliminazione dei fattori di marginalità e di esclusione sociale; la prevenzione della criminalità ed in particolare di tipo predatorio (c.d. “street crime”, relativa a reati ad alto tasso di allarme sociale quali furti e rapine); la promozione della cultura del rispetto della legalità, come modificato nel corso dell’esame in sede referente; l’affermazione di più elevati livelli di coesione sociale e convivenza civile.
Com’è noto, tutte le istituzioni repubblicane, Stato, regioni e enti locali, ciascuno nell’ambito delle rispettive competenze e funzioni, concorrono, anche con azioni integrate, alla realizzazione della sicurezza urbana.
Tra le principali strumenti per la promozione della sicurezza nelle città il provvedimento in esame indica i patti per l’attuazione della sicurezza urbana sottoscritti dal prefetto e il sindaco, che, incidendo su specifici contesti territoriali, individuano concretamente gli interventi da mettere in campo per la sicurezza urbana (articolo 5). I patti sono sottoscritti – come previsto in sede referente – anche tenendo conto di eventuali indicazioni o osservazioni acquisite da associazioni di categorie comparativamente più rappresentative.
I patti hanno come base fondante, oltre alle linee generali per la promozione della sicurezza integrata (adottate in sede di Conferenza unificata), come definite dall’articolo 2 del presente provvedimento, specifiche linee guida adottate con accordo sancito in sede di conferenza Stato-città e autonomie locali, su proposta del Ministro dell’interno (comma 1).
Tra le aree di intervento in materia di sicurezza urbana di cui all’articolo 4, il provvedimento in esame ne individua tre, quali obiettivi prioritari da perseguire con i patti per la sicurezza urbana (comma 2).
Si tratta dei seguenti obiettivi: la prevenzione e – come specificato nel corso dell’esame referente – il contrasto della criminalità diffusa e predatoria, attraverso “servizi e interventi di prossimità”, in particolare a vantaggio delle zone maggiormente interessate da fenomeni di degrado. Nel corso dell’esame referente è stato previsto anche il coinvolgimento, mediante appositi accordi, delle reti territoriali di volontari, per la tutela e la salvaguardia dell’arredo urbano, delle aree verdi e dei parchi cittadini. E’ stata inoltre richiamata la possibilità di installazione di sistemi di videosorveglianza; le relative spese non rilevano per i comuni ai fini del patto di stabilità interno e sono state quantificate in 15 milioni di euro a decorrere dal 2017, cui è definita, nel testo, la relativa copertura finanziaria; la promozione del rispetto della legalità, da perseguire anche attraverso iniziative di dissuasione delle condotte illecite (quali l'occupazione arbitraria di immobili e lo smercio di beni contraffatti o falsificati) e dei fenomeni che turbano e limitano il libero utilizzo degli spazi pubblici; la promozione del rispetto del decoro urbano, anche valorizzando forme di collaborazione interistituzionale tra le amministrazioni competenti, al fine di coadiuvare l'ente locale nell'individuazione di aree urbane (su cui insistono plessi scolastici e sedi universitarie, come specificato nel corso dell’esame in sede referente, musei, aree e parchi archeologici, complessi monumentali o altri istituti e luoghi della cultura o comunque interessati da consistenti flussi turistici, ovvero adibite a verde pubblico) da sottoporre a particolare tutela ai sensi dell'articolo 9, comma 3. Tale ultima previsione affida ai regolamenti di polizia urbana l’individuazione delle aree alle quali applicare le misure a tutela del decoro previste dal medesimo articolo 9, ai commi 1 e 2, che prevedono una sanzione amministrativa pecuniaria da euro 100 a euro 300 e l’ordine di allontanamento dal luogo in cui è stato commesso il fatto nel caso di condotte limitative della libera accessibilità e fruizione delle infrastrutture per il trasporto, delle relative pertinenze e aree interne.
A seguito di un emendamento approvato in sede referente è stato aggiunto un altro obiettivo che attiene alla promozione dell’inclusione della protezione e della solidarietà sociale mediante azioni e progetti per l’eliminazione di fattori di marginalità, anche valorizzando la collaborazione con enti o associazioni operanti nel privato sociale, in coerenza con le finalità del piano nazionale per la lotta alla povertà e l’esclusione sociale.
Per la tutela della sicurezza nelle grandi aree urbane il provvedimento in esame istituisce uno specifico organismo: il Comitato metropolitano dedicato all’analisi, la valutazione e il confronto sulle tematiche di sicurezza urbana relative al territorio della città metropolitana (articolo 6).
Ciascun comitato metropolitano è “co-presieduto” dal prefetto e dal sindaco metropolitano, e vi fanno parte, oltre al sindaco del comune capoluogo, qualora non coincida con il sindaco metropolitano, i sindaci dei comuni interessati.
Possono inoltre essere invitati a partecipare alle riunioni del comitato i soggetti pubblici o privati dell'ambito territoriale interessato.
La disposizione fa esplicitamente salve le competenze del comitato provinciale per l'ordine e la sicurezza pubblica, organismo che insiste sullo stesso ambito territoriale del comitato metropolitano coadiuvando il prefetto in materia di pubblica sicurezza.
Infine, si prescrive che la partecipazione alle riunioni del comitato metropolitano è dovuta a titolo completamente gratuito (inclusi i rimborsi spese) (comma 2).
L’articolo 7 prevede che, nell’ambito delle linee guida sulle politiche di sicurezza (di cui all’articolo 2) e dei patti locali per la sicurezza urbana (di cui all’articolo 5), possono essere individuati obiettivi specifici, destinati all’incremento dei servizi di controllo del territorio e alla valorizzazione del territorio.
Per garantire il necessario sostegno logistico e strumentale alla realizzazione di tali obiettivi possono essere coinvolti enti pubblici (economici e non) e soggetti privati, secondo le disposizioni contenute nell’art. 6-bis del decreto-legge n. 93/2013 (L. 119/2013), comma 1 (come specificato in sede referente) in materia di accordi territoriali di sicurezza integrata per lo sviluppo (comma 1). Nel corso dell’esame in sede referente, è stato altresì specificato che, in ogni caso, resta ferma la finalità pubblica dell’intervento.
Ricordo brevemente che lo strumento degli accordi territoriali di sicurezza integrata per lo sviluppo è stato introdotto dal legislatore nel 2013 al fine di rafforzare i presidi di legalità nel quadro di un rapporto di collaborazione fra istituzioni in attuazione di politiche integrate e di governo della sicurezza, anche attraverso gli strumenti pattizi.
Pertanto, all’inizio della legislatura, l'art. 6-bis, comma1, del citato D.L. 93/2013 ha stabilito per le aree interessate da iniziative di sviluppo territoriale che gli accordi tra il Ministero dell’interno e regioni ed enti locali, possono avere la contribuzione anche di altri soggetti pubblici, sia pur non economici, e di soggetti privati, finalizzata al sostegno strumentale, finanziario e logistico delle attività di promozione della sicurezza dei cittadini, del controllo del territorio e del soccorso pubblico.
Tale contribuzione può essere prevista per le aree interessate da insediamenti produttivi o infrastrutture logistiche ovvero da progetti di riqualificazione e riconversione di siti industriali o commerciali dismessi o da progetti di valorizzazione dei beni di proprietà pubblica o da altre iniziative di sviluppo territoriale.
Il comma 2 dell’articolo 7 richiama l’applicazione delle disposizioni di cui all'articolo 1, comma 439, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, che attribuiscono la facoltà al Ministro dell'interno e, per sua delega, ai prefetti, di stipulare convenzioni con le regioni e gli enti locali che prevedano la contribuzione logistica, strumentale o finanziaria delle stesse regioni e degli enti locali per la realizzazione di programmi straordinari di incremento dei servizi di polizia, di soccorso tecnico urgente e per la sicurezza dei cittadini. Si tratta dei c.d. patti per la sicurezza, su cui interviene anche l’articolo 5 dettando disposizioni per la sottoscrizione di patti per l’attuazione della sicurezza urbana.
In sede referente, è stata introdotta l’applicabilità, ove possibile, anche delle previsioni di cui all’art. 119 TUEL (D.Lgs. 267/2000), in base al quale gli enti locali possono stipulare contratti di sponsorizzazione ed accordi di collaborazione, nonché convenzioni con soggetti pubblici o privati diretti a fornire consulenze o servizi aggiuntivi.
L’articolo 8 introduce alcune modifiche al Testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali (D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267), in relazione al potere del sindaco di adottare ordinanze in materia di sicurezza, di natura contingibile o non contingibile, con particolare riferimento agli orari di vendita e di somministrazione di bevande alcoliche.
Un primo gruppo di disposizioni interviene sul potere di ordinanza del sindaco in qualità di rappresentante della comunità locale, modificando a tal fine l’articolo 50 del TUEL, ai commi 5 e 7. In particolare, sono ampliate le ipotesi in cui il sindaco può adottare ordinanze contingibili ed urgenti quale rappresentante della comunità locale, finora limitate dal TUEL al caso di emergenze sanitarie o di igiene pubblica a carattere esclusivamente locale (art. 50, co. 5).
Aggiungendo un periodo alla disposizione citata, si prevede che il sindaco possa adottare ordinanze extra ordinem qualora vi sia urgente necessità di interventi volti a superare situazioni di: grave incuria; degrado del territorio; pregiudizio del decoro e della vivibilità urbana, con particolare riferimento alle esigenze di tutela della tranquillità e del riposo dei residenti. In sede referente, la previsione è stata estesa alla urgente necessità di superare situazioni di grave incuria o degrado anche dell’ambiente e del patrimonio culturale.
In particolare, la disposizione specifica che con tali ordinanze si può anche intervenire in materia di orari di vendita, anche per asporto, e di somministrazione di bevande alcoliche e superalcoliche.
In merito all’introduzione di nuove fattispecie di poteri di ordinanza extra ordinem, ricordo che da giurisprudenza costante e consolidata della Corte costituzionale deroghe alla normativa primaria, da parte delle autorità amministrative munite di potere di ordinanza, sono consentite solo se «temporalmente delimitate» (ex plurimis, sentenze n. 127 del 1995, n. 418 del 1992, n. 32 del 1991, n. 617 del 1987, n. 8 del 1956) e, comunque, nei limiti della «concreta situazione di fatto che si tratta di fronteggiare» (sentenza n. 4 del 1977).
In relazione alle richiamate materie, il successivo comma 2 dell’articolo in commento, stabilisce che i comuni possono adottare regolamenti ai sensi delle norme del TUEL medesimo. Com’è noto, ai sensi dell’art. 117, sesto comma, della Costituzione, i Comuni, le Province e le Città metropolitane hanno potestà regolamentare in ordine alla disciplina dell'organizzazione e dello svolgimento delle funzioni loro attribuite.
In secondo luogo, la novella aggiunge una nuova disposizione al comma 7 del citato art. 50 TUEL, che attualmente attribuisce al sindaco il compito di coordinare e riorganizzare, sulla base degli indirizzi espressi dal consiglio comunale e nell'ambito dei criteri eventualmente indicati dalla regione, gli orari degli esercizi commerciali, dei pubblici esercizi e dei servizi pubblici, nonché, d'intesa con i responsabili territorialmente competenti delle amministrazioni interessate, gli orari di apertura al pubblico degli uffici pubblici localizzati nel territorio, al fine di armonizzare l'espletamento dei servizi con le esigenze complessive e generali degli utenti.
In virtù della nuova disposizione introdotta, si riconosce esplicitamente in capo al sindaco il potere di adottare anche ordinanze di ordinaria amministrazione, non contingibili ed urgenti, per disporre limitazioni in materia di orari di vendita, anche per asporto, e di somministrazione di bevande alcoliche e superalcoliche.
Il ricorso a tale strumento è ammesso solo al fine di assicurare le esigenze di tutela della tranquillità e del riposo dei residenti e, come precisato in sede referente, dell’ambiente e del patrimonio culturale in determinate aree delle città interessate da afflusso di persone di particolare rilevanza, anche in relazione allo svolgimento di specifici eventi.
Tali ordinanze devono disporre comunque per un tempo predefinito che, nel testo originario del decreto-legge, non deve essere superiore a sessanta giorni. Il testo approvato dalle Commissioni in sede referente riduce tale termine a trenta giorni.
Quanto all’attribuzione ai sindaci del potere di emanare ordinanze di ordinaria amministrazione (che non possono derogare a norme legislative o regolamentari vigenti) nella giurisprudenza costituzionale è stata sottolineata l’imprescindibile necessità che in ogni conferimento di poteri amministrativi venga osservato il principio di legalità sostanziale, posto a base dello Stato di diritto. Nella sentenza 115/2011 (con cui è stata dichiarata la parziale illegittimità costituzionale del citato art. 54, comma 4, del TUEL) la Corte, a proposito della configurabilità del potere del sindaco di emanare ordinanze di ordinaria amministrazione, deve rispettare il principio di riserva di legge relativa, di cui all’art. 23 Cost., il principio di imparzialità dell’amministrazione di cui all’art. 97 Cost., ed il principio di eguaglianza dell’art. 3, primo comma, Cost.
Infine l’articolo 8 interviene sul potere di ordinanza del sindaco in qualità di ufficiale del Governo, modificando a tal fine l’art. 54 TUEL.
In particolare viene integralmente sostituita la previsione dell’articolo 54, comma 4-bis, del TUEL, che nella versione (pre)vigente rinviava ad un decreto del Ministro dell'interno la disciplina dell'ambito di applicazione delle disposizioni di cui ai commi 1 e 4 anche con riferimento alle definizioni relative alla incolumità pubblica e alla sicurezza urbana. (art. 8, co. 1, lett. b)).
La nuova formulazione circoscrive, a livello di norma primaria, le ipotesi in cui il sindaco può adottare ordinanze contingibili ed urgenti in materia di incolumità pubblica e sicurezza urbana, in qualità di ufficiale del Governo, ai sensi dell’art. 54, co. 4, TUEL, stabilendo che tali provvedimenti devono essere diretti a prevenire e contrastare le situazioni che: favoriscono l'insorgere di fenomeni criminosi o di illegalità, quali lo spaccio di stupefacenti, lo sfruttamento della prostituzione, l'accattonaggio con impiego di minori e disabili; ovvero riguardano fenomeni di abusivismo, quale l'illecita occupazione di spazi pubblici, o di violenza, anche legati all'abuso di alcool o all'uso di sostanze stupefacenti.
In tale contesto, secondo la relazione illustrativa, la nuova formulazione del comma 4-bis è finalizzata a ricondurre il potere di ordinanza extra ordinem del sindaco in qualità di ufficiale del Governo “a situazioni che, per la loro natura o il loro contesto, sono considerate più contigue all’esigenza di tutela della sicurezza primaria”.
L’articolo 12, stabilisce che nelle ipotesi di reiterata inosservanza delle ordinanze emanate ai sensi dell'articolo 50, commi 5 e 7, del TUEL, come modificati dal decreto e testé illustrati, in materia di orari di vendita e di somministrazione di bevande alcoliche, il questore può disporre la sospensione dell’attività per un massimo di quindici giorni.
Viene altresì estesa, al comma 2, la sanzione amministrativa pecuniaria prevista attualmente dall’art. 14-ter, co. 2, L. 125/2001, in caso di vendita di bevande alcoliche ai minori di anni diciotto anche alle ipotesi di loro somministrazione. Ricordo che in base alla disciplina vigente, salvo che il fatto non costituisca reato, si applica una sanzione da 250 a 1.000 euro.
Con un’ulteriore modifica, introdotta in sede referente aggiungendo il comma 2-bis, viene novellata anche la seconda parte del citato art. 14-ter, co. 2, che stabilisce, se il fatto è commesso più di una volta, l’applicazione della sanzione amministrativa pecuniaria da 500 a 2.000 euro con la sospensione dell'attività per tre mesi. In base alla novella la sospensione può essere disposta per un periodo compreso tra quindici giorni e tre mesi.
La relazione illustrativa del provvedimento sottolinea come tali misure sono tese “a limitare il fenomeno dell’abuso delle sostanze alcoliche, soprattutto da parte dei giovani, che può determinare, in aree della città interessate da aggregazione notturna, episodi ricorrenti connotati da condotte violente contro il patrimonio o la persona o di particolare gravità per la sicurezza urbana”.
In base alla normativa vigente (legge n. 287/1991, così come modificata dal D. Lgs. n. 59/2010) per somministrazione si intende la vendita per il consumo sul posto che si esplicita in tutti i casi in cui gli acquirenti consumano i prodotti nei locali dell'esercizio o in una superficie aperta al pubblico, all'uopo attrezzati. Ciò che caratterizza la somministrazione è, quindi, l’esistenza di strutture logistiche atte a consentire l’assunzione e il consumo in loco di alimenti e bevande, caratteristica questa assente nel caso di esercizi deputati alla mera vendita dei suddetti prodotti. In tali esercizi, infatti, l’attività caratterizzante è quella di vendita/acquisto di alimenti e bevande, mentre è del tutto indifferente che l'acquirente, di sua iniziativa, consumi i prodotti acquistati immediatamente o in prossimità dei locali di vendita o produzione.
In sede referente è stato introdotto l’articolo 12-bis che, modificando l’articolo 100 del TULPS, estende il potere del questore di revocare e sospendere la licenza dei pubblici esercizi per motivi di ordine pubblico e pubblica sicurezza, anche agli esercizi di vicinato.
L’articolo 14, infine, detta disposizioni per favorire l’istituzione del numero unico europeo 112 nelle regioni.
Consente quindi alle regioni che hanno rispettato gli obiettivi del pareggio di bilancio di bandire, nell’anno successivo, procedure concorsuali finalizzate all’assunzione di personale con contratti di lavoro a tempo indeterminato da utilizzare per le attività connesse al Numero Unico Europeo 112 e alle relative centrali operative realizzate in ambito regionale in base ai protocolli d’intesa siglati ai sensi dell’art. 75-bis del Codice delle comunicazioni elettroniche.
Per le finalità indicate può essere assunto un contingente massimo commisurato alla popolazione residente in ciascuna regione, determinato in misura pari ad un’unità per trentamila residenti. A tal fine le regioni possono utilizzare integralmente i risparmi derivanti dalla cessazioni di servizio previste per le annualità 2016, 2017, 2018 e 2019, in deroga alla disciplina delle facoltà assunzionali delle pubbliche amministrazioni di cui all’art. 1, co. 228, primo periodo, della L. 208/2015 (legge stabilità 2016).
Ricordo, in proposito, che il Numero Unico di Emergenza Europeo 112 è stato introdotto nel 1991 (direttiva 91/396/CEE) per mettere a disposizione un numero di emergenza unico per tutti gli Stati membri, in aggiunta ai numeri di emergenza nazionali, e rendere così più accessibili i servizi di emergenza, soprattutto per i viaggiatori. Dal 1998 la normativa dell'UE impone agli Stati membri di garantire che tutti gli utenti di telefonia fissa e mobile possano chiamare gratuitamente il 112. Dal 2003 gli operatori di telecomunicazioni devono fornire ai servizi di emergenza informazioni sulla localizzazione del chiamante per consentire loro di reperire rapidamente le vittime di incidenti. Gli Stati membri hanno inoltre il compito di sensibilizzare i cittadini sull'uso del 112.
Sotto il profilo normativo, da ultimo l’art. 8 della legge 124 del 2015, di riorganizzazione della p.a., ha previsto l’istituzione del numero unico europeo 112 su tutto il territorio nazionale, con centrali operative da realizzare in ambito regionale secondo modalità stabilite dai protocolli di intesa previsti dal Codice delle comunicazioni elettroniche. Al contempo ha autorizzato la spesa di 10 milioni di euro per il 2015, 20 milioni per il 2016 e 28 milioni annui a decorrere dal 2017 e fino al 2024.
In sede referente è stato introdotto il comma 1-bis, che subordina le procedure concorsuali finalizzate alle nuove assunzioni alla verifica dell’assenza di personale in mobilità o in esubero nell’ambito della stessa amministrazione con caratteristiche professionali adeguate alle mansioni richieste.
(Testo integrale)